PER J.L.BORGES ERANO “I GIUSTI”
Capita a volte, nella vita, di incontrare le persone “giuste” nei momenti “sbagliati”. Così quando le incontri magari ci passi vicino, o addirittura le frequenti per un po’, senza farci però troppo caso. Così diventano persone qualsiasi e svaniscono nel nulla.
Poi le ritrovi per caso anni dopo e ti accorgi che questa volta c’è qualcosa di diverso. Come se le vie ch’erano discoste l’una dall’altra, due modi diversi, due contesti individuali che presupponevano fosse praticamente impossibile incontrarsi nuovamente, in realtà non fossero che una strada necessaria da percorrere per ritrovarsi ancora. Ritrovarsi questa volta in perfetta sintonia lungo la stessa via, nell’unico posto possibile dove potersi ritrovare (in questo caso il mondo di chi racconta storie).
Giocavo a calcio anni fa, i primi anni del 2000. In squadra ce n’era uno che come me veniva da fuori, dalla periferia. Uno compatto, muscoli e corsa; mancino. Come me non parlava lo svizzero tedesco da madrelingua. Veniva da un posto con un nome strano: Tavanasa. Come direbbe lui oggi, un paese con addirittura quattro “a” nel nome, come non se ne conoscono altri. Oggi fa lo scrittore e vive soprattutto di scrittura. Ha raggiunto una buona popolarità in Svizzera e viene tradotto in molti paesi in giro per il mondo. La cosa che mi piace del suo modo di scrivere è che lo fa sembrare un gesto molto semplice, come i”due impiegati che in un caffè del Sud giocano in silenzio agli scacchi” nella poesia di Borges.
Me lo immagino che a volte si mette lì, alla sua scrivania, e butta giù qualche riga su ciò che gli gira per la testa. Semplice. Racconta la vita, le persone, le storie di un microcosmo che appartiene a tutti i posti del mondo, a tutti noi.
Forse anche in questo momento Arno Camenisch starà scrivendo una nuova storia, contribuendo inconsapevolmente a salvare il mondo.
Quando ci incontriamo poi di solito finiamo in un bar, semplicemente, a parlare di quando in una banalissima partita di calcio mi fece un cross stupendo a rientrare, e io la insaccai di testa per l’esultanza di entrambi.